giovedì 13 settembre 2018

523) LEONARDO CAETANO MANZI - IL 'PELE' ''SCARSO'', IDOLO DEL ST PAULI.


I media e gli organi di stampa per l'occasione, annunciarono Leonardo Manzi come "il piccolo Pelé". Ma il Brasiliano aveva in comune solo l'origine di provenienza della stella Mondiale del calcio. Tuttavia, i tifosi amarono con passione questo calciatore piuttosto rustico, approssimativo tecnicamente e maldestro nelle conclusioni, che segno' il suo goal più importante nel 1993, entrando di diritto nei cuori del popolo dei pirati. Un brasiliano all'FC St. Pauli? Non era mai successo prima di allora. Fu così che il quotidiano "Bild" nel 1989 ci ricamo' sopra come d'obbligo, coniando un titolo euforico e azzardato "L'erede di Pele' per il St. Pauli." Normale in seguito, che si si fosse tentati di fare un confronto con il tre volte campione del mondo. Anche  Manzi dopotutto comincio' la sua
carriera al FC Santos, per cui, l'aria in cui crebbe, pregna delle vestigia del piu' santificato campione Brasiliano di tutti i tempi, forse un po' la aveva assorbita.. Nato a Goiania il 28 aprile 1969, di radici Italiane, Leonardo Caetano Manzi divenne un eroe di Kulto per la ''Nazione'' del Millerntor. Il suo modo di proporsi a tutti, caloroso e onesto lo rese un idolo delle folle. Un importante passaporto, fu per lui la definizione coniata da ''Die Welt'' di: "ragazzo d'oro con il sorriso al dentifricio", Il suo impegno incondizionato, al di la' di mezzi francamente un po' limitati per essere un Brasiliano, gli guadagnarono un posto nella storia del Club anseatico. Era il 10 luglio 1989, quando iniziò l'avventura Europea per Manzi. Il suo procuratore, Juan Figer gli disse: "Dopodomani parti. Vai ad Amburgo". Manzi, a soli 20 anni, riempi' quattro borse in modo frenetico: "Non ero preparato per l'ambiente. La Germania, la  conoscevo solo tramite il calcio visto ai Campionati del Mondo. Non parlavo assolutamente tedesco. "Tuttavia, riuscii ad integrarmi nella formazione del primo anno, sotto Helmut Schulte, giocai 13 gare con un gol.  Mi fu fatto un contratto di 7000 marchi lordi, come stipendio base.'' Per Leo,comincio' un grande amore: "Quei sette anni furono il momento migliore della mia vita, il Millerntor lo sentivo come la mia seconda casa." Punto culminante, dopo i primi due anni in Bundesliga fu il mio gol nell'1-0 contro l'Hannover 96...nel 1992/93, che impedi' la retrocessione dalla seconda alla terza lega ". È il 6 giugno 1993, quando Manzi diventa immortale per il popolo di Sankt Pauli. La squadra Amburghese è sotto pressione e all'ultima giornata della stagione di Seconda Divisione, disputa la 46esima gara di un torneo interminabile. Erano previste 6 retrocessioni quell'anno. Il calcio tedesco si stava ancora riorganizzando e stava assestando le varie leghe, dopo la riunificazione politica, post caduta del muro. Solo un successo nello scontro diretto
contro l'Hannover 96 avrebbe assicurato il mantenimento della categoria. Leo gioca dall'inizio..Sono passati 72 minuti. Un tiro di Jürgen Gronau, si infrange contro il corpo di Jorg Sievers....Leo Manzi e' lesto e mette in rete. "Leo!!!!!!"....L'urlo riecheggiera' per minuti interi nello stadio fatiscente di periferia. Non una volta. Non due volte..... Ancora e ancora....e ancora. Un intero quartiere si raduno' fuori dello stadio dopo la fine della gara. Dieci gol timbrati alla fine di quell'anno. 1992/1993.  Per l'attaccante Brasiliano, alto 1,87 fu l'apoteosi.. Un riconoscimento dovuto a chi aveva segnato solo 4 volte quattro, nei quattro anni precedenti. Dal momento che non era sempre nella formazione di partenza, fu utilizzato dall'allenatore Seppo Eichkorn come Jocker.  La seconda divisione tutta, con il Lipsia in testa, mostro' interesse per il giovane Brasiliano. Leo glisso', con il suo grande sorriso: "Non volevo andarmene, per questo quando affrontammo il Lipsia giocai senza impegno, mi nascosi...cercando di sviare i giudizi positivi.'' L'Everton FC offri' persino un milione di DM per lui. Tuttavia, il coach Uli Maslo impedi' il trasferimento,...'' perché presumibilmente ero troppo importante per Lui anche se non mi impiegava con regolarita'...''  Manzi insegno' ai suoi critici una lezione. Tutti coloro che sostenevano che fosse ''l'unico Brasiliano che non potesse giocare a calcio''...furono messi a tacere.  ''Il discorso sul piccolo Pele' lo aveva inventato la stampa...Io non mi proposi mai come un Messia.. Mai. Ne tecnicamente ne tatticamente.'' Manzi effettivamente non possedeva piedi eccelsi, non aveva una corsa fluida ne il fiuto del gol, non seguiva con precisione gli schemi di gioco e spesso e volentieri sotto porta, si perdeva in amnesie degne dei piu' sciagurati bidoni dell'area. Questo fu terreno fertile per i suoi detrattori, per coloro che non gli riconobbero il diritto di un posto in Bundesliga. Essendo straniero toglieva opportunita' a giocatori tedeschi piu' validi e con mezzi piu' meritevoli...Di li' a due anni la sentenza Bosmann avrebbe stabilito la libera circolazione di giocatori stranieri, visti come normali prestatori d'opera e quindi soggetti alle regole contrattuali dei normali lavoratori. Fu un verdetto, perentorio, opprimente e pesante quello dei media, che pero' non tolse nulla all'apprezzamento dei fans per "Leo". Manzi fu il primo esempio di chiamiamolo ''un po 'diverso'', (senza talento) calciatore professionista e si adatto' perfettamente al FC St. Pauli, che si stava sempre più definendo in quegli anni come un club ''leggermente'' sopra le righe. Per molti probabilmente, nessun altro club professionistico Tedesco avrebbe investito così tanto denaro e riposto cosi' tanta pazienza in Manzi. Il maldestro, atipico Brasiliano ripago' sempre la fiducia, soprattutto con l'impegno, la dedizione alla maglia e la passione. Tutto cio' poteva accontentare i tifosi..il parterre inconsueto del Sankt Pauli....forse capito' nel posto giusto. Il senso del Kult o dell'umorismo, non potevano appartenere pero' agli allenatori. Manzi viene declassato alla squadra riserve del Sankt Pauli. Ora la platea e' ridotta ulteriormente...Eppure centinaia di tifosi lo seguono ogni settimana nel suo itinerario di periferia, con la squadra Amateure del quartire
Amburghese. Nel 1996, Manzi lascia il Millerntor dopo una disputa con l'allenatore, ma senza rancori. Era un buono, i rapporti con il club e con i tifosi  rimasero stretti e fantastici. Firmo' per l'Hannover 96, in Regionalliga. L'allenatore, Reinhold Fanz ha una squadra giovane che pratica un calcio emozionante e sbarazzino. Tra i giocatori di Manzis ci sono Gerald Asamoah, Otto Addo e Fabian Ernst. Per Manzi e' riservato solo un ruolo minore. Qualche comparsata di pochi minuti. Un totale di 8 presenze in due stagioni. Dopo due anni il suo contratto con l'Hannover giunge alla fine, ma non pensa a smettere, la saudade non gli appartiene e nonostante chiamate di Clubs di serie superiore, nel 1998 passo' al BV Cloppenburg in Oberliga Nord.Torno' in Brasile solo nel 2000, assunse per breve tempo l'incarico di allenatore degli U20 del Vila Nova, poi per diversi mesi resto' senza lavoro. Lo ritrovo' con difficolta' e fino al 2006  alleno' in Brasile da professionista in prima divisione la Juventude RS di Caxia do Sul, dove vide muovere i primi passi Dante e Naldo. Ma ormai il Brasile non lo coinvolgeva piu'. Nella sua città natale, Goiania, non coglie più nessuna prospettiva per il futuro, il crimine crescente lo spavento': "Lì, a pochi metri da casa mia per strada, si spara, le persone muoiono ogni giorno...". Leo decide...Torna in Germania e fino al 2008 si esibisce ancora come allenatore/giocatore al Wilhelmshaven in Regionalliga Nord. Kay Stisi, suo amico fraterno e compagno di squadra, sia al St Pauli, che al Cloppenburg che al Wilhelmshaven, gli preparo' il terreno. Lo aiuto' a far arrivare in Germania la moglie Carolina e il figlioletto Leo Junior. Ogni tanto ancora oggi vanno a vedere le partite dei ''Pirati'' e la prima volta che ritorno' al Millerntor ristrutturato rimase senza parole. "È semplicemente fantastico."  "A quel tempo, ero troppo giovane per capire che mi si stava offrendo una grande opportunità. Mi piacque, mi gratifico' essere amato dalla folla e dal pubblico, avere molti amici. Non mi preoccupai troppo del futuro, non mi creai un vero progetto di carriera. Sono passati 10 anni da che Leonardo Manzi chiuse definitivamente col calcio e sebbene non fu ricordato come "il piccolo Pele' ", ovunque apri' le valigie, fu ricordato come un uomo simpatico e soprattutto con un grande cuore da combattente e un contagioso sorriso.



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