sabato 12 marzo 2022

694) I PERSONAGGI: QUANDO DANILO POPIVODA, ''IL PARTIGIANO'', ERA L'INCUBO DI BERTI VOGTS. - ''Quei tempi che il numero di maglia era una sentenza...''


Erano gli anni che il numero che portavi sulla schiena era esplicito di quello che saresti stato in campo, durante la fase di gioco. Specificavano la fascia di appartenenza e l'ambito in cui avresti giostrato. Erano una dichiarazione annunciata. Ecco...Io sono il 7. Giocherò solo sulla fascia destra. Erano gli anni che il 9 era il vero nove...non il ''falso''. Era quello che dovevi contenere assolutamente perchè era sempre il finalizzatore delle azioni di attacco. Erano gli anni che i numeri diventavano tatuaggi e spesso quando chiudevi la carriera coloro che prendevano la tua maglia, ne sentivano l'enorme peso. Erano gli anni

della specificità dei ruoli. Erano gli anni a cavallo dell'arancia Meccanica olandese. Poi...piano piano..cominciò a cambiare il tutto...
In italiano si sarebbe chiamato..Daniele Bevilacqua. Ma ''Popi'' era slavo. Quando Danilo Popivoda se ne andò, il ricordo più nostalgico e considerevole, dedicato al giocatore Montenegrino, che vestì i colori dell'Eintracht Braunschweig negli anni tra il 1975 e il 1981, fu di Berti Vogts. Il ''terrier'. Il mastino mordi caviglie per antonomasia del calcio tedesco degli anni 60-80. Danilo per me e' stato uno degli 


avversari più difficili e sfiancanti che io abbia mai incontrato in carriera. E lo dice uno che più volte marcò Cruijff e Kevin Keegan. Littbarski e Libuda. Avrebbe potuto fare dei nodi alle gambe dei suoi avversari, tanto era padrone della sua tecnica in velocità. Finte controfinte, scatti e controscatti. Fughe e cambi di direzione repentini. I duelli con Berti Vogts in occasione dei Borussia - Braunschweig di quegli anni, diventarono partite nelle partite. Un duello preannunciato che non vide mai vinti o vincitori, ma tanto agonismo e tenacia. Chiunque lo abbia visto giocare all'Hamburger Straße tra il 1975 e il 1980 non dimenticherà mai le sue abilità calcistiche. Popivoda ha segnato 30 gol in 126 partite di Bundesliga per il BTSV ed è una leggenda del Braunschweig. Danilo Popivoda, fu uno dei primi 

legionari jugoslavi in ​​Bundesliga, incarnò gli anni d'oro dell'Eintracht Braunschweig del decennio 70/80 più di chiunque altro. Negli anni '70, il calcio visse il suo periodo più rustico e folkloristico in molti modi: lunghe criniere adornavano la testa dei fohlen del Gladbach, il giocatore della nazionale Paul Breitner posava in look afro e con il libretto rosso di Mao in bella vista, il portiere Sepp Maier andava a caccia di anatre in area di rigore nel mentre di una partita, i giocatori esibivano ampie basette. Il gioco del calcio, preso dalle prime frenesie, non si era nemmeno soffermato alle fantasiose quanto redditizie scritte sulle maglie di una squadra della Bundesliga in quegli anni. Nel 1973 Günter Mast, il produttore di liquori alle erbe di Wolfenbüttel, prese a cuore la giovane e rinnovata squadra dell'Eintracht Braunschweig e sfrutto' lo spazio sulla maglia, per collocarvi il famoso logo del suo rinomato liquore: il cervo Hubertus con un crocifisso. Ma il pioniere della sponsorizzazione non solo diede alla Bundesliga il via ad una rivoluzione, ma si acaparrò anche uno dei calciatori più indomabili che il paese avesse visto giocare fino a quel momento. Si trattava dell'esterno

jugoslavo Danilo Popivoda, che ai Mondiali del 1974 in Germania mostrò colpi di genio da capogiro, attirando così l'attenzione di club di livello come Schalke 04, Bayern Monaco e 1.FC Köln. Ma il turbine che agiva sulla fascia destra, impressionò anche l'allenatore del Braunschweig, Branko Zebec che convinse la società gialla e blu ad acaparrarselo. Senza esitazione, il nuovo presidente del club e sponsor principale Mast, diede fondo alle sue casse per attirare in Germania il nativo montenegrino. Se lo aggiudicò, per quella che allora fu una cifra onerosa dell'equivalente di 350.000 euro. La generosità di Mast e le radici jugoslave di Zebec si rivelarono le carte vincenti nel poker, per l'ambita ala, così richiesta sul mercato. Fu così che il già 28enne, si trasferì nell'estate del 1975 dall'Olympia Lubiana, in sassonia all'Eintracht. Per tutti fu subito ''Popi''. Tuttavia alcuni sostenitori, dopo poche settimane cominciarono a mormorare...''Popi non gioca mai''. All'inizio, tuttavia, sembrava che il trasferimento dell'attaccante, cuoco diplomato, fosse più un'altra idea folle, partorita da Günter 


Mast che non un grande colpo di mercato. Prima ancora dell'inizio della stagione, Popivoda si ruppe la clavicola nella partita valida per l'Intertoto contro la squadra Jugoslava del Vojvodina Novi Sad e fu messo da parte per mesi. "E intanto Popi non c'e' mai.,." continuavano a mormorare alcuni tifosi, sugli spalti dello stadio di Hamburger Strasse, ma il malcontento svanì bruscamente, quando l'esterno destro, tanto atteso fu finalmente in grado di esordire alla 13° giornata del torneo, contro l'Hamburger SV. Come se Popivoda volesse rimediare in una volta sola, a tutto il divertimento non regalato durante la sua astinenza, fece impazzire il difensore dell'Amburgo, Peter Hidien per 90 minuti. Quando la sua 


prima partita in Bundesliga si concluse, i tifosi del Braunschweig lo avevano già eletto come loro nuovo idolo. Come un seducente anteprima, i trucchi di Popivoda ebbero effetto immediato sul pubblico e lo resero ancora più affamato di applausi. Ma dopo le premesse iniziali non ne scaturì nulla nell'immediato futuro. Prima della partita successiva, infatti, il promettente, futuro, talento gialloblu, si ruppe di nuovo la clavicola in un incidente di allenamento, scontrandosi con il portiere Bernd Franke e dovette quindi fermarsi di nuovo. Non fu che fino all'inizio del 1976, che non ricominciò a giocare con regolarità e questa volta non si lasciò fermare ne da infortuni ne dai difensori. Era una specie di partigiano del calcio, perché proprio come i combattenti per la libertà di Tito che una volta tenevano nascoste sotto gli abiti civili le loro armi più pericolose, anche Popivoda sorprese i suoi avversari con improvvise invenzioni ingannevoli e imprevedibili. Non fu solo il biondo mastino della nazionale ad aver avuto difficoltà con Popivoda. Quando lo jugoslavo lasciò basito il grande Franz Beckenbauer, prima del suo primo gol nella semifinale degli Europei del 1976 contro la Germania, con un abile finta di corpo, anche al libero dei bianchi di Germania ballarono confuse le ginocchia. All'inizio Popivoda aveva scelto di giocare il cuoio con le mani, prima di creare danze e arabeschi coi piedi.. Fu infatti dapprima 

un appassionato giocatore di pallamano che scoprì il calcio solo mentre frequentava la scuola alberghiera di Lubiana. La sua predisposizione a questo gioco fu subito scoperta dai talent scout della squadra locale di prima divisione dell'Olympia. Dopo anni di successi a Lubiana, Popivoda seguì le orme di altri legionari jugoslavi come "Tschik ”Cajkovski al Colonia e Josip Skoblar che aveva giocato per l'Olympique Marsiglia negli anni '60, sperando di voltare le spalle ai continui conflitti etnici dello stato multietnico di Jugoslavia. Alla veneranda età di 28 anni e con un discreto numero di presenze in nazionale alle spalle, Popivoda arrivò in Germania e da allora fu una delle nuove stelle jugoslave in Bundesliga, insieme al suo compagno di squadra del Braunschweig, Aleksandar Ristic e al talento Branko Oblak, che fece scalpore prima allo Schalke 04 e poi al Bayern Monaco. Tra il 1975 e '80, Danilo Popivoda giocò 126 partite con l'Eintracht, segnando 30 gol e contribuendo così in modo significativo alla buona classifica del campionato del 1976 (5° posto) e del 1977 (3° posto). Dopo il sorprendente campionato vinto nel 1966/67, furono questi, gli anni gloriosi, che furono descritti nella cronaca del club di Braunschweig come la seconda "età dell'oro.'' Ancora oggi, nessuno incarna quell'epoca meglio del tecnico e sgusciante ''plavo'' di 1,74 metri. Nella sua ultima stagione in Bundesliga, Popivoda iniziò a soffrire di una grave malattia agli occhi che nel corso degli anni lo rese quasi completamente cieco. Sfortunatamente, perse presto la vista e con essa anche i suoi compagni di squadra. Ma il suo feeling con la palla, dopo che si ritirò non fu ricordato solo a Braunschweig. Danilo Popivoda è scomparso il 9 settembre 2021. 

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