mercoledì 26 gennaio 2022

641) 1992 - QUANDO TORSTEN GÜTSCHOW AMMISE DI ESSERE STATO UN INFORMATORE DELLA STASI...

E' il torneo, 1991-92 e in lontananza si sentono ancora gli eco delle picconate che pian piano fecero sgretolare un muro più ''politico'' che materiale, che tenne divisa l'intera Europa per 28 anni. La Dynamo Dresda inizia la sua prima apparizione in Bundesliga con il cuore felice. Anche se l'esordio in Palatinato, contro il Kaiserslautern fu perso per 1:0 davanti a 23.000 spettatori con un gol di Tom Dooley e anche se la seconda partita, in casa dell'Hamburger SV (0:2) non portò punti. Ma poi, Gütschow finì la squalifica. La partita casalinga contro l'Eintracht Frankfurt davanti a 20.500 spettatori

cominciò in modo diverso dal previsto: "Eravamo in svantaggio di 0:1, Andy Möller aveva fatto gol. E poiché Andreas Wagenhaus aveva dovuto lasciare il campo per un cartellino rosso, eravamo rimasti in dieci. Ma ci siamo superati. Con due occasioni, in cui ho segnato due gol di testa, abbiamo vinto 2:1”. Torsten Gütschow, rivede ancora di tanto in tanto, i suoi primi gol in Bundesliga. “E si, fu una bella esperienza, dopo di che ci ritrovammo tutti insieme seduti a raccontarcela. Non riuscivamo proprio a dormire, anche se formalmente era una normale partita di campionato”. Per me superare Uli Stein due volte in una partita fu come il primo gol segnato contro Andreas Köpke. Il primo gol nell'1:1 di Norimberga, che alla fine valse per il primo punto in trasferta. Nella gara di ritorno del 7 febbraio 1992, Gütschow batte' ancora una volta l'allenatore dei portieri della nazionale di Low. Ma il giocatore non potè davvero essere contento del suo gol in quell'occasione. E non solo, perché la partita finì con una sconfitta per 1:2. Per due settimane Gütschow fu nell'occhio di un tifone che travolse la Dynamo e diversi altri club sportivi dell'Est. Il "Dresdner Morgenpost" lo aveva smascherato il 25 gennaio, come collaboratore (IM) ''Inoffizieller Mitarbeiter'' - Impiegato non ufficiale fino al 1968, poi Geheimer

Informator (GI) informatore segreto. Era la designazione interna del MfS nella DDR, per una persona che forniva al Ministero della Sicurezza dello Stato (L'MfS, comprendeva anche "la Stasi") informazioni segrete, forzate o volontarie, o esercitato un'influenza controllante su eventi o persone, senza lavorare formalmente per questa autorità. Con circa 189.000 membri, la rete dei dipendenti non ufficiali copriva quasi tutti i settori della società nella DDR e costituiva così, uno dei più importanti strumenti di governo e controllo della dittatura della SED. Soprattutto gli ideali politici, sono forzatamente sollecitati come motivo di cooperazione. Apparentemente, sembrò che il denaro svolgesse solo un ruolo subordinato e anche la cooperazione con gli informatori della DDR era rara. Gütschow ora deve pagare per non aver resistito alle pressioni del MfS nel maggio del 1982. Una storia emersa, neanche a dirlo, una sera di inizio novembre, in cui si era appena finito di giocare a pallone e Gütschow, con la maglia della Dinamo Dresda, aveva affossato il Magdeburgo con una delle sue innumerevoli e proverbiali doppiette. Premessa: il calcio era lo sport su cui la DDR puntava di meno: interessavano maggiormente l'atletica leggera, il nuoto e tutti gli sport che esaltassero il talento singolo, in modo da poter competere nei medaglieri olimpici e internazionali con Usa e Urss, le grandi potenze della Guerra Fredda, in cui la Germania Est possedeva più di un semplice ruolo da comprimaria. Torsten Gütschow, ad ogni buon conto, era capace unicamente di giocare a calcio e in campo, era uno di quelli impossibili da marcare. Sgusciante e istintivo, alternava guizzi da attaccante moderno ancora da svelare al mondo, a grezze sportellate da campaccio pieno di fango e voglia di emergere. In coppia col gemello d'attacco Ulf Kirsten, Gütschow non si fermava di fronte a niente: provò a trascinare la sua Dinamo Dresda anche durante la Coppa Campioni nella stagione 1990-91. Segnò anche alla Stella Rossa di Belgrado, poi vincitrice della competizione, in un gara sospesa - tuttavia - a pochi minuti dalla fine, per una maxi rissa in campo. Quell'anno, il 1991, Torsten si guadagnò un trofeo simile, per conformazione, alla Scarpa d'Oro, ma che in realtà voleva essere la 

palma di miglior giocatore della Germania dell'Est. Ma la vita fuori dal campo di Torsten Gütschow era pilotata, per l'appunto dalla STASI. Lo scopo dell'organizzazione di sicurezza e spionaggio della Repubblica Democratica Tedesca era quello - orwelliano - di monitorare quante più persone possibili, destassero o meno sospetti. Dietro l'ossessione per la cospirazione nei confronti del governo di Berlino Est, c'era la volontà di solidificare un unico pensiero, fondato sulle dottrine di Mosca schedando di fatto, a poco a poco, l'intero paese. Sei milioni sui 17 complessivi schedati dalla Stasi, che, per riuscire nell'impresa, aveva bisogno di spie, nascoste dietro uomini insospettabili, talvolta anche idoli calcistici, com'era Torsten Gütschow, colui che - vincendo la classifica cannonieri delle ultime tre stagioni di DDR Oberliga - riuscì a porre fine al dominio decennale dell'odiata (da tutti) Dynamo Berlino, guarda un po', proprio la squadra della Stasi e del suo guru Erich Mielke. La trama era machiavellica, quasi mefistofelica. Torsten Gütschow era un ragazzotto di campagna, nato nel 1962 in un villaggio di appena 800 abitanti della periferia di Görlitz, al confine con la Polonia. Un ragazzotto di appena 17 anni, follemente innamorato della sua ragazza e della Dinamo Dresda, in cui approdò in un inizio estate del 1976, ad appena 14 anni. Nell'estate del 1980, che decretò l'approdo in prima 


squadra, il suo entusiasmo fu fermato dal dorso di una mano sul petto: "Sarai l'attaccante della Dynamo Dresden e allo stesso tempo informatore della Stasi...Se vuoi ancora vedere la tua ragazza", così gli venne imposto. Ancora adolescente, Gütschow accettò arrivando a spiare fino a 60 persone, tra cui 10 dei suoi compagni e dirigenti di squadra. Tra questi, c'erano anche il presidente della Dinamo Dresda Wolf-Rudiger Ziegenbalg e il vice-allenatore giallonero Reinhard Häfner. Torsten dovette riferire persino sui suoi futuri suoceri. L'agenzia lo aveva messo sotto pressione perché la famiglia della fidanzata di quel tempo, Andrea, era stata classificata come politicamente inaffidabile. Non fu avanzato nessun sospetto, ne indagine verso di lui, fu spiegato al quasi 20enne. Ma in tal caso sarebbe stato presto arruolato nell'esercito e poteva anche scordarsi la sua carriera se non si ''offriva'' spontaneamente come IM. Gütschow cedette, lui disse che avvertì i suoi futuri suoceri e che cominciò a scrivere rapporti su di Essi, che la Stasi ritenne regolarmente irrilevanti, motivo per cui hanno anche spesso rimproverato l'IM Gütschow, di essere inaffidabile. Ormai scoperchiato il vaso di pandora dal "Dresdner Morgenpost",  confessò la sua vicenda all'inizio del 1992, si prese in ogni stadio del "Maiale della Stasi" e l'anno successivo, si convinse di cambiare aria, andando a vincere un campionato turco col Galatasaray, che gli riserva ancora oggi un posto speciale nella sua hall of fame. Fu l'unica esperienza straniera di Torsten Gütschow. A ben vedere, fu l'unica al di fuori della Germania, anche dopo la caduta del muro: Già nell'estate 2003 tornò a casa vestendo le maglie di Hannover 96 - unica parentesi a Ovest - di Carl Zeiss Jena, Chemnitzer e ancora, Dinamo Dresda quando ormai, tra il

1996 e il 1999 con la Germania riunificata e senza più i contributi statali, era caduta in disgrazia. Coi gialloneri, collezionò in tutto, 329 presenze e 159 gol. In totale, i centri in carriera furono 200 tondi tondi. Gütschow finì perfino in un reportage del New York Times del 1992, quando l'inno "Auferstanden aus Ruinen" aveva appena smesso di riecheggiare. I Guns'n'Roses suonavano, nel frattempo "November Rain" ma, negli occhi di Gütschow, il tempo - fuori dal campo - si era fermato alle picconate al muro di tre anni prima. Aveva giurato, e non c'era motivo per non credergli, di essere stato costretto ad agire in quella maniera dopo che l'autorità avevano fatto leva sulle sue paure. Sembra preistoria, invece sono accadimenti distanti appena 30 anni o giu' di lì. In cui accadde un po' tutto e il contrario di tutto: dall'avveniristico progetto della RB Lipsia, alla"fascistizzazione" delle curve dell'Hansa Rostock e della stessa Dynamo. Gütschow fu il primo di molti altri IM ad essere scoperto e dovette perciò sopportare la maggior parte delle critiche. "Se anche gli altri avessero denunciato immediatamente, non sarebbe stato uno scandalo di tale rilevanza", crede oggi. Gli altri IM erano spaventati, ma non poterono nascondere il loro passato ancora per lungo tempo. Le discussioni pubbliche in quel periodo si accesero e l'allenatore Schulte, che conosceva poco del calcio della Germania dell'Est e dei suoi lati negativi fino al suo insediamento, cominciò a preoccuparsi che la squadra rimanesse in Bundesliga. Ma molti fan rimasero fedeli a Gütschow. Alcuni appesero striscioni allo stadio. "Horschtl, ti perdoniamo", diceva uno dei tanti. E la squadra sopravvisse alla prova. "Fu un periodo molto stressante e difficile, ma nonostante tutti i disordini riuscimmo a concentrarci ugualmente sul nostro gioco. Non fu un grosso problema per la squadra", ricorda Ralf Hauptmann, che collezionò 37 presenze nel primo anno di Bundesliga a Dresda. Torsten Gütschow rimase concentrato e i suoi dieci gol in quella stagione diedero un contributo significativo alla permanenza nella massima serie. Alla fine, la Dinamo finì 14a, mentre l'ultima campionessa dell'Est, l'Hansa Rostock, fu retrocessa. Gütschow, dal canto suo, dopo una breve e infruttuosa carriera da allenatore, ora si gode la sua pensione. Ogni domenica si reca a Dresda da Zeven in Bassa Sassonia, dove vive con la moglie Cathleen e le loro due figlie per rivivere dal vivo le partite della sua prima squadra, la Dynamo Dresda.


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