martedì 8 maggio 2018

120) I 70 ANNI DI GERD MULLER - Il Bomber avvolto dalla nebbia.

 3 novembre 2015.
Tozzo come un calciatore d'altri tempi e rapido come un calciatore d'oggi, è stato il cannoniere perfetto. Emblema della nazionale tedesca e del Bayern Monaco, proprio dal club bavarese lo scorso mese è arrivato l'annuncio più triste, l'Alzheimer che lo costringe a vivere in una clinica per malattie croniche Quattro anni fa i primi, inequivocabili segnali della fine senza fine, il primo ingresso gratuito e disperato nel limbo: lo ritrovarono dopo quindici ore di ricerche che vagava per Viale De Gasperi, a Trento, in stato confusionale, barba lunga, occhi spenti, docile, inoffensivo, stanco di tutto,
nel ritiro delle giovanili del Bayern, all'Hotel Villa Mandruzzo, s'era sparso il panico, Gerd Müller era scomparso nella notte del 17 luglio 2011, nessuno sapeva cosa dire, se non che in camera non c'era, nella hall non c'era, non era in piscina, non era al bar, effettivamente non era più da nessuna parte, gia' non aveva più la forza di essere vitale, a sessantacinque anni, uno dei grandi calciatori della storia, una macchina da gol, due cosce potenti, il baricentro basso, impossibile da spostare, un fiuto pazzesco, una visione talmente ampia da mettere in difficolta' chiunque lo cercasse in area perché per trovarlo, bisognava ragionare in anticipo come lui, solo che a lui veniva naturale mentre gli altri, si chiamassero anche Beckenbauer o Breitner, dovevano pensarci quel decimo di secondo in piu' da rischiare un passaggio inutile, tardivo, di millesimi. Oggi 3 novembre Gerd Müller compie, forse senza rendersene conto, 70 anni. Da tempo e' malato di Alzheimer, quel velo dipinto di nero che fa scomparire il tempo, i ricordi, te stesso, il futuro, la vita, lentamente, come una goccia sta cancellando ogni traccia di una gloria calcistica straordinaria, di cui forse questo fantastico personaggio dello sport piu' amato già non avra' piu' memoria: un grande cantante americano, anche lui aggredito dal male, Glen Campbell, prima di perdersi nel suo nulla e consapevole che nulla avrebbe impedito quella discesa, incise una canzone scherzando sul suo ultimo viaggio senza lucidità: "I'm not gonna miss you", non mi mancherete, perche' non me ne rendero' conto, perche' saro' da un'altra parte. Ma la voce resta e lui manca, le reti di Gerd Müller restano, sono immagini stampate nella gioia di aver capito, in bianco e nero, cosa fosse il mestiere di cannoniere, qualcosa che non s'impara e che per questo non t'insegnano, al massimo a scuola, sui campetti, da ragazzino, possono perfezionare un dono di natura, quel miscuglio di impulsi nervosi e, appunto, visione più ampia che trasforma un buon attaccante in uno dei dieci che hanno cambiato la storia del calcio. Come lui nessuno, solo Messi e Ronaldo, negli anni più recenti, sono stati capaci di avvicinarsi ai suoi numeri, che ancora fanno tremare i polsi degli appassionati dopo aver fatto tremare le caviglie dei suoi marcatori. Nel Bayern ha giocato 453 partite, segnando 398 reti, le sue 365 reti in Bundesliga sono ancora insuperate, e non di poco, visto che il secondo marcatore della storia del calcio tedesco è Klaus Fischer con 268 reti. A 18 anni esordiva nel Nördlingen, la squadra della sua città, accumulando 31 presenze, divenne in breve un apprezzato titolare, in una stagione scollino' fra i disumani, riuscendo a realizzare 51 reti. Quando l'osservatore del Bayern torno' in sede disse: "Meglio prenderlo altrimenti questo diventerà il nostro incubo". Non ha buttato via una sola partita, "era sempre carico come un proiettile", avrebbe ammesso Sepp Maier, che avrebbe vinto tanto grazie a quel portento, simbolo del centravanti classico, collocato esattamente a metà strada fra il pallone d'annata e la modernita', tozzo come un calciatore d'altri tempi e rapido come un calciatore d'oggi. La vita di Gerd Müller e' stata la vita dei campi, rustico esempio di un bellezza che non sapeva mostrarsi se non attraverso la concretezza. Sue le reti per vincere le tre Coppe dei Campioni del Bayern, consecutive, sue le reti per portare la Germania sul tetto del mondo nel '74, sue le reti, da predatore in purezza, che avrebbero costretto Rivera a spiazzare Maier in quell'Italia-Germania senza sugo ma dai supplementari epici. Oltre i campi per Gerd e' stato solo un alternarsi di sofferenze, diverse e collegate una all'altra, prima la depressione, poi l'alcolismo, poi difficili e neppure tanto volute disintossicazioni e riabilitazioni. Nel '92 gli venne offerto un ruolo nell'Academy del Bayern, accettato con riserva, senza credere troppo nel progetto e in se stesso. Il 6 ottobre scorso, in un comunicato triste come una sera d'inverno dai finestrini bagnati di pioggia di un treno scalcinato, il Bayern annunciava che Gerd Müller era malato di Alzheimer e viveva in una clinica per malattie croniche, su una sdraio, davanti a un prato, con i suoi occhialetti da professore di chimica, circondato dall'affetto di persone che gli danno pacche sulle spalle, gli stringono le mani e lui non sa chi siano ne' perche' gli stiano intorno, probabilmente sorridendo. Parliamone pure al passato, tanto lui non se ne andra' mai, e comunque non capirebbe. Non gliene importerebbe.

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