lunedì 7 maggio 2018

23) DOCUMENTI - TUTTO QUELLO CHE VORRESTI SAPERE SUL FENOMENO RED BULL

 - Chiariamo in modo esaustivo una volta per tutte quello che e' il fenomeno del momento e che ha scatenato una bufera nel calcio tedesco con opinioni, ripicche, dispetti, slogan e gruppi social  piu' o meno a favore... meno direi. In questo post, tutto cio' che vi serve per dare un giudizio sulla squadra attualmente piu' bistrattata di Bundesliga.-
Da una decina di anni Red Bull sta investendo centinaia di milioni di euro nel calcio in Europa, Brasile e Stati Uniti con dei metodi efficaci ma molto contestati.

Lo scorso 12 luglio i campioni austriaci del Red Bull Salisburgo hanno giocato l’andata del secondo turno dei preliminari di Champions League contro la squadra lettone del Liepaja. La partita e' stata vinta dal Salisburgo per 1 a 0 ma al termine dell’incontro i giornalisti si sono accorti di una cosa strana: il terzino austriaco del Salisburgo Andreas Ulmer aveva giocato per novanta minuti con la maglia del RB Lipsia, squadra di calcio tedesca di proprietà di Red Bull che gioca con maglie identiche a quelle del Salisburgo, se non per il nome diverso nel logo. Dello scambio di maglia non si era accorto nessuno, ne' Ulmer ne' i magazzinieri del Salisburgo, ma lo strano incidente ha fatto parlare nuovamente del crescente coinvolgimento di Red Bull nel calcio e soprattutto dei suoi inusuali metodi di gestione: di quante altre squadre europee potremmo confondere così facilmente le maglie? Lipsia e Salisburgo sono le due squadre di calcio europee di proprieta' di Red Bull, l’azienda austriaca produttrice della piu' famosa bevanda energetica in commercio. Hanno uno stretto legame fra di loro, perche' ogni anno si scambiano giocatori, sono gestite dalle stesse persone e fanno parte dello stesso progetto. Red Bull non possiede solo queste due squadre: controlla anche i New York Red Bulls e il Red Bull Brasil, che giocano con gli stessi colori di Salisburgo e Lipsia. Fino a due anni fa esisteva anche la Red Bull Ghana, che pero' e' stata fusa con l’accademia ghanese del Feyenoord, squadra di Rotterdam, e per ora rimane l’unico fallimento calcistico dell’azienda austriaca. La sede principale di Red Bull si trova a Fuschl am See, un paese di 1.500 abitanti a est di Salisburgo. Nel 2015 l’azienda austriaca ha venduto 5.957 miliardi di lattine per un ricavo di 5.903 miliardi di euro. Conta 10.997 impiegati di cui piu' di 500 a Fuschl am See. Ogni anno Red Bull spende piu' di mezzo miliardo di dollari nello sport: oltre alle squadre di calcio possiede due scuderie di Formula Uno, sponsorizza quasi cinquecento atleti in un centinaio di sport diversi, dallo snowboard al motocross, dal beach volley all’hockey; poi ha un canale televisivo, diverse riviste e una compagnia telefonica. Organizza qualsiasi tipo di competizione: dal lancio di aeroplanini di carta alle gare di tuffi. Con un investimento economico inferiore solo rispetto a quello di Nike, Adidas e Coca Cola, la società austriaca e' quella che più di ogni altra negli ultimi vent’anni si e' impegnata a entrare nel mondo dello sport, per modificarlo e innovarlo, riuscendo a creare un modello che oggi viene imitato da un sacco di altre aziende Per ora, i più grandi successi sportivi dell’azienda austriaca sono arrivati dalla sua principale scuderia di Formula 1, ma nei prossimi anni — secondo i piani — dovrebbero aggiungersi anche quelli nel calcio, che dopo dieci anni di investimenti non sono ancora arrivati se non in competizioni di secondo piano. La politica di Red Bull, stabilita personalmente dal suo co-fondatore Dietrich Mateschitz, non si limita a finanziare una squadra o un atleta attaccando adesivi su automobili, snowboard e cappellini, ma prevede investimenti diretti a partire dall’acquisto di societa' e squadre da gestire con progetti a lungo termine e spesso molto drastici. Quando Red Bull compra una società la rinomina col proprio nome, sostituisce tutta la dirigenza e poi sceglie su quali atleti puntare e su quali no, selezionandoli sia in base alle qualità sportive che all’immagine. È così che fece nel 2005, quando compro' la sua prima squadra di calcio, che fino ad allora era nota come Austria Salzburg (o, per ragioni di sponsorizzazioni, Wüstenrot Salzburg). Red Bull le cambio' nome, stemma, colori sociali, dirigenti e staff e, di fatto, rifondo' la società interrompendo qualsiasi legame con il vecchio Austria Salzburg. Nel 2006 la nuova società assunse come allenatori Giovanni Trapattoni e Lothar Matthäus ed inizio' ad investire nel club decine di milioni di euro, che bastarono per vincere il primo titolo nazionale in dieci anni. Ad oggi, il Red Bull Salisburgo ha vinto sette campionati austriaci ma non e' mai riuscito a qualificarsi alla fase a gironi della Champions League e in Europa League non è mai andato oltre i sedicesimi di finale. Molti tifosi del vecchio Austria Salzburg, contrari alla nuova gestione di Red Bull – hanno fondato nel 2005 l’SV Austria Salzburg che ha ricominciato a giocare nella settima serie del campionato nazionale e il prossimo anno disputerà la Regionalliga, il campionato austriaco equivalente alla Lega Pro. Per completare il progetto calcistico del Salisburgo, nel 2012 Red Bull compro' una piccola squadra che militava nelle serie locali austriache, l’Union Sportklub Anif, per farla diventare la squadra riserve del Red Bull Salisburgo. L’Union Sportklub Anif fu spostato da Anif a Salisburgo e rinominato FC Liefering, che e' il nome del quartiere in cui ha sede. Il logo e i colori sono ovviamente quelli dell’azienda, che considera il Liefering la squadra riserve del Salisburgo anche se ufficialmente non lo e', perché la federazione austriaca vieta alle squadre riserve di disputare tornei professionistici. Il Liefering oggi gioca in seconda divisione ed e' un club a tutti gli effetti, ma Red Bull fa arrivare alla squadra tutti i migliori giovani provenienti dalle proprie accademie — il Red Bull Brasil e fino a poco tempo fa anche il Red Bull Ghana — per testarli ed eventualmente mandarli in prima squadra. Paradossalmente, il Liefering potrebbe ottenere la promozione in prima divisione e giocare nello stesso campionato del Salisburgo. I limiti del campionato di prima divisione austriaco, composto da dieci squadre in cui solo tre o quattro sono veramente competitive, non hanno fino ad ora permesso al Salisburgo di diventare una squadra di primo piano nel calcio europeo. La cosa per cui è piu' noto il Salisburgo, oltre ai successi nel proprio campionato, sono i numerosi giovani cresciuti e poi venduti nel resto d’Europa, come il trequartista sloveno Kevin Kampl, ora al Bayer Leverkusen, il centrocampista del Liverpool Sadio Mane' e il difensore brasiliano del Bayer Leverkusen Andre' Ramalho.
Nel 2006 il progetto calcistico di Red Bull arrivo' negli Stati Uniti, dove l’azienda acquisi' gli storici New York MetroStars e come già aveva fatto in Austria li fece diventare i New York Red Bulls. All’epoca in molti pensavano che la mossa, gia' tentata da altri prima, fosse un errore per via della scarsa cultura calcistica americana, ma alla fine ebbe comunque successo. La squadra venne rivoluzionata a partire dallo stadio: fu abbandonato quello dei Giants per la nuova Red Bull Arena – costata 200 milioni di dollari e con 25mila posti a sedere – e venne abbassato il prezzo dei biglietti, rendendo le partite della squadra gli eventi sportivi di rilevanza nazionale più economici da seguire a New York, spingendo sempre piu' spettatori allo stadio, che ora e' quasi sempre pieno a ogni partita. Red Bull ha poi incominciato a scegliere direttamente allenatori e giocatori, svecchiando la squadra e tentando di modernizzarne il gioco, in linea con l’immagine della bevanda. Sul campo i New York Red Bulls non hanno ottenuto alcun importante successo, ma negli anni sono diventati una delle squadre statunitensi più riconoscibili e note nel mondo, grazie anche all’ingaggio di giocatori come Thierry Henry, Rafael Márquez, Tim Cahill e Shaun Wright-Phillips. Nel 2007 e nel 2008, infine, si aggiunsero anche le squadre in Brasile e in Ghana, che Red Bull compro' per farle diventare accademie giovanili con cui scovare e allenare calciatori da mandare al Salisburgo o a New York. A quel punto mancava pero' una squadra che potesse veramente competere nelle più importanti competizioni internazionali, insieme alla grandi squadre europee. Fu così che nel 2009 Red Bull concluse l’acquisto di una piccola squadra di Lipsia, in Germania, e iniziò “il trattamento Red Bull”, questa volta però con parecchi ostacoli. Prima di tutto, perché Lipsia? Come ogni investimento fatto negli anni precedenti, la scelta di Lipsia non fu per nulla casuale. La città, che con più di mezzo milione di abitanti è uno dei centri urbani più popolati dell’ex Germania Est, non aveva nessuna squadra particolarmente importante e nonostante ciò aveva un moderno stadio da 44 mila posti già pronto (era stato costruito per i Mondiali del 2006). Inoltre, il livello delle squadre di calcio dell’ex Germania Est era, ed e' ancora oggi, di molto inferiore a quelle occidentali e con degli investimenti azzeccati il Lipsia sarebbe potuto diventare in breve tempo la squadra più importante della parte orientale del paese. I tifosi e le norme del campionato tedesco pero' si misero di traverso fra Red Bull e i suoi progetti. L’azienda austriaca tento' di comprare la storica squadra di Lipsia dell’FC Sachsen, ma i suoi tifosi si opposero. Allora provo' con il SSV Markranstädt, piccola squadra di un paesino appena fuori Lipsia. Anche qui i tifosi tentarono di opporsi ma alla fine l’acquisizione venne completata dopo che fu garantita la rifondazione di un altro SSV Markranstädt per i tifosi contrari alla vendita della proprio squadra. Per via delle norme della federazione calcistica tedesca, Red Bull non pote' inserire il suo nome in quello della squadra ma con un gioco di parole in qualche modo ci riuscì: chiamo' il club RasenBallsport Lipsia (dove RasenBallsport sta per “sport della palla sul campo”) in modo da poterlo abbreviare in RB Lispia. Quello del nome non fu l’unico problema. Sempre per via del regolamento della federazione, Red Bull non pote' inserire nel logo della squadra il proprio marchio, come invece era stato permesso negli Stati Uniti e in Austria (ma non nelle partite delle coppe europee), ma ci mise comunque due tori rossi stilizzati, e la forma del proprio marchio. Poi, per aggirare la norma che proibiva di intestare la maggioranza azionaria del club ad un unico soggetto, creo' una società a garanzia limitata per un gruppo ristretto di soci con quota di entrata fissata a 800 euro, cifra almeno dieci volte superiore a quella dei club tedeschi più noti. Nel 2009 la squadra tedesca di Red Bull disputo' il suo primo campionato, in quinta divisione, e al primo anno venne subito promossa nella divisione superiore. Lascio' quindi il piccolo stadio di Markranstädt e si trasferì al moderno Zentralstadion, a cui diede il nome di Red Bull Arena, lo stesso nome degli stadi di Salisburgo e New York. Sotto la gestione dell’ex allenatore dello Schalke 04 Ralf Rangnick e di Gérard Houllier, ex allenatore della nazionale francese e del Liverpool — le due figure che dal 2012 portano avanti il progetto sportivo di Red Bull — il Lipsia e' arrivato fino in seconda divisone dopo aver investito piu' di qualsiasi altra squadra delle serie minori tedesche. Quest’anno, dopo due anni di permanenza in seconda divisone, la squadra e' riuscita ad ottenere la promozione nella Bundesliga. Nel 2009 i dirigenti del Lipsia dissero di aver intenzione di spendere almeno 100 milioni in dieci anni, ma quest’estate il Lipsia ne ha già spesi 27, e solo per prendere quattro giocatori con meno di 24 anni. Il Lipsia può contare anche sui giocatori delle altre squadre di proprietà della Red Bull. Ogni anno infatti, Lipsia e Salisburgo si scambiano molti giocatori, la maggioranza dei quali in prestito per aggirare il fair play finanziario della UEFA. In Germania pero' Red Bull non ha trovato una grande accoglienza. Oggi il Lipsia e' probabilmente la squadra più detestata dai tifosi tedeschi, per via dei suoi metodi di gestione. Spesso, nelle partite giocate contro il Lipsia, i tifosi avversari espongono striscioni che contestano Red Bull e le sue squadre. A Lipsia le cose vanno un po’ meglio: una media di 29.441 spettatori ha assistito alle partite della scorsa stagione alla Red Bull Arena, la seconda media spettatori più alta del campionato tedesco di seconda serie e dopo la promozione in Bundesliga l’entusiasmo dei tifosi sembra essere aumentato ancora. Negli ultimi mesi si e' parlato di un possibile ingresso di Red Bull nel campionato di calcio italiano, con investimenti nell’Udinese e nel Torino, ma tutte queste voci sono state smentite o non hanno trovato conferme. Si è parlato anche di un possibile ingresso nel campionato inglese, ma anche qui per ora si tratta solo di voci. Ad oggi e' più probabile che Red Bull si concentri sul Lipsia, che sta disputando il suo primo campionato di Bundesliga con grandi ambizioni e con l’obiettivo di arrivare a qualificarsi per le coppe europee. Nel calcio non esiste nessun altro progetto simile a quello di Red Bull. Quello che ci si avvicina di più e' il City Football Group, l’holding della famiglia Al Nahyan, proprietaria del Manchester City, che ad oggi conta altre due squadre, il Melbourne City e il New York City FC (più il venti per cento dei Yokohama F·Marinos). Il modello di gestione e' simile a quello di Red Bull: progetto comune, stessi colori, stessi sponsor e frequenti scambi di giocatori, ma alle squadre viene lasciata un minimo di identita', come si può vedere dai loghi. In Italia il modello Red Bull sarebbe una cosa completamente nuova. Esistono proprietari che possiedono piu' di una squadra, come la famiglia Pozzo, proprietaria di Udinese, Watford e fino a pochi mesi fa del Granada, o come il gruppo Suning, proprietario dell’Inter e del Jiangsu. Ma nessuno di questi gruppi ha progetti e metodi di gestione simili a quelli di Red Bull.

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