lunedì 7 maggio 2018

85) I TROFEI - 1) LA TSCHAMMER POKAL

È improbabile che Hans von Tschammer und Osten sia un nome che risuoni con una grande rindondanza o che significhi qualcosa di conosciuto per molti.  Dato il posto di Reichssportkommisar (in seguito ribattezzato Reichssportführer) nel 1933, von Tschammer und Osten non aveva un reale interesse per lo sport, al punto che molti credevano che la sua nomina fosse originariamente destinata a suo fratello. Eppure la sua posizione negli annuali sportivi Nazisti fu cementata nel 1935, quando annunciò la costituzione di una competizione "aperta a 14.000 squadre di calcio" e donò come premio la splendente Goldfasanen-Pokal (Coppa del fagiano d'oro), con inciso il suo nome. A Natale di

quell'anno, la prima finale fu giocata, con il Norimberga che aveva avuto la meglio sullo Schalke 04 per 2 gol a zero, di fronte a 55.000 tifosi a Düsseldorf. Come fiore all'occhiello dell'ideale nazista, la Tschammerpokal fu salutata come un indubbio trionfo e iniziò a crescere in numero di partecipanti e popolarità. L'adozione nella filosofia nazista fu più chiaramente evidenziata poco più di 12 mesi dopo, quando la finale si trasferì nell'Olympiastadion appena ricostruito, a Berlino. Con le sue fondamenta incastonate in quelle del suo predecessore di costruzione prussiana, lo stadio era l'incarnazione stessa del mantra nazista, riprodotto nell'inconfondibile architettura per eccellenza dell'epoca. Essendo stato il luogo predominante per i Giochi Olimpici del 1936, lo stadio era ideale come sede di una fiorente competizione e avrebbe ospitato la finale per sei dei successivi otto anni. Quei primi anni videro lo Schalke essere regolarmente tra le finaliste, anche se die Königsblauen riuscì a ottenere solo una vittoria nelle cinque finali che si disputarono, poiché nemmeno l'avvento della seconda guerra mondiale riuscì a fermare la competizione. Le ultime edizioni della versione inaugurale, tuttavia, arrivarono nel 1943, quando presero piede le devastazioni lasciate dalla guerra. E in una svolta ironica, quando l'impero di Hitler iniziò a placarsi, la Tschammerpokal lasciò anche i confini geografici della Germania, la prima ando' a Vienna che trionfò 3:2 (dopo i tempi supplementari) sull' Amburgo. Sarebbero passati quasi dieci anni prima che la manifestazione riprendesse e altri trenta prima che la finale tornasse a Berlino. Fu sotto il nome di DFB Pokal pero' che il torneo inizio' a promuovere la reputazione di essere un "grande livellatore", di forze calcistiche, comprendendo la vitalità e la rivitalizzazione che si sentivano in tutta la nazione, divisa tra gli alleati, nell'era del dopoguerra. L'esempio fu nel primissimo round del suo primo anno, quando le incognite del Concordia Hamburg hanno messo a fil di spada i giganti di Dortmund 4:3. E come per liberarsi completamente dal fardello dei ricordi e dalla associazione col nazismo, la finale del 1953 si svolse sullo stesso terreno della prima, purgando Düsseldorf da ogni connotazione nostalgica residua. Dopo la seconda guerra mondiale, sul trofeo, intanto, la svastica che era stata applicata e fece bella mostra di se, per tutto il periodo nazionalsocialista, fu sostituita da una targhetta con il logo della DFB. Dopo che la manifestazione fu riorganizzata e le competizioni riprese sotto il nome di DFB Pokal, tra il 1953 e il 1964. Tuttavia, una fonte di disagio rimase nell'era fresca e audace del calcio tedesco: la stessa ''Goldfasanen-Pokal''. Alla fine dell'estate 1949, la DFB era risorta e giaceva sotto la direzione del dottor Paul Josef Bauwens. L'ex arbitro e giocatore era salito al timone dell'organizzazione, incarnando un'era più tollerante e inclusiva. Con una moglie ebrea, "Peco" - come era affettuosamente chiamato - ha trovato che il trofeo ricordasse un po' troppo la persecuzione e l'antisemitismo per antonomasia, della macchina nazista. Eppure, non fu che fino al 1965, quasi 12 mesi dopo la sua morte, che fu progettato un sostituto permanente alla vecchia Tschammer Pokal. Solo allora è stato commissionato un nuovo trofeo. Con un peso di circa 27 kg (12,5 libbre) e un valore di mercato stimato di circa € 100.000, "The Pot" è una delle coppe più iconiche e preziose offerte nello sport moderno.


 

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